A 5 GIORNI DAL VOTO LE ELEMOSINA DI GENTILONI


La soluzione per contrastare il flusso costante di aziende che abbandonano il suolo italico, il Premier uscente l'ha trovata: un fondo di appena 200 milioni con cui ripianare i conti in rosso delle imprese che non delocalizzano. "Tradotto- scrive efficacemente Maurizio Belpietro su LaVerità- significa che se i posti di lavoro rischiano di prendere il volo, il governo, pur di tenerseli, se li compra". La misura economica sembra volta alla tutela, più che dei lavoratori italiani, della stessa sinistra di governo che con il 4 marzo alle porte, spende le ultime carte per raccattare voti. Alcuni dubbi rispetto alle gestione del neonato ( e evidentemente sottopeso) "fondo anti delocalizzazione" sono legittimi: come si concilia con la politica europea di sanzione degli aiuti di Stato? È noto, infatti, che matrigna Unione Europea vigili attentamente affinché non ci siano favoritismi economici da parte dello Stato nei confronti delle aziende che agiscono sul proprio territorio ( d'altra parte l'interesse primario dei tecnocrati di Bruxelles è la dilatazione sconfinata del libero mercato, non la dignità dei lavoratori). E poi, seconda incognita, chi assicura che l'azienda non delocalizzi una volta insaccato il gruzzolo? 
È evidente: la tragedia italiana della delocalizzazione va affrontata diversamente, a nulla servono provvedimenti alluvionali e non calati all'interno di un piano complessivo. "Bisogna rimuovere gli ostacoli che portano le imprese a fare le valigie", continua Belpietro. Tagliare le tasse, sfoltire la burocrazia e, soprattutto, mettere più soldi in mano agli italiani, perché aumentino i consumi. Solo così potremo superare o, almeno, mitigare la piaga dell'abbandono di massa del "Bel Paese", a vantaggio di quei lidi esteri più convenienti e dei quali paradossalmente noi stessi abbiamo, spesso, finanziato lo sviluppo. Un esempio per tutti, i 63 miliardi destinati dalla UE alla Slovacchia per favorire l'occupazione.

Sirio Scorcia

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