ROBERT BRASILLACH
Robert
Brasillach, condannato a morte in vita e assassinato più e più volte dopo la
morte, uno dei tanti relegati nel limbo della memoria negata, in attesa di un
giudizio storico ancora lungo a venire.
Innanzitutto è l'imperativo del dovere di memoria che ogni
6 febbraio ci fa ricordare il suo nome. Fu per primo il gruppo romano intorno
alle "edizioni Caravelle" animate da Adriano Romualdi che nel 1964
tradusse la sua prima opera "Lettera ad un soldato della classe 1940"
: così, un intero ambiente prese coscienza dello spessore umano e culturale di
un uomo che seppe orientare la propria vita in difesa della patria, un dei
primi ad immaginare una visione europea del fascismo.
Oltre
all'importanza di celebrare questo intellettuale francese come influente
scrittore, poeta, saggista, memorialista, giornalista, ora più che mai è
importante ricordare il suo martirio. Causato dalle stesse forze che impongono
oggi un regime oppressivo, mascherato sotto i valori del "politicamente
corretto", oppressori delle reali libertà.
Sostenitore
dei fascismi europei, fu dal 1937 al
1943 caporedattore del settimanale " Je suis partout" in cui, fece
trasparire, la sua idea di fascismo alla
"francese", legato ai nazionalismi europei ma non un semplice clone.
Dopo lo sbarco
in Normandia, Brasillach si rifiutò di fuggire, nascondendosi a Parigi. Nel
settembre 1944, essendo stata arrestata sua madre con l'accusa di
collaborazionismo, fu costretto a costituirsi alla polizia di Parigi,
consegnandosi all'autorità per salvare l'anziana donna.Incarcerato, dovette
aspettare circa un anno per il processo, che ebbe luogo nel gennaio del 1945
davanti alla corte di assise di Senna. Il giorno stesso fu condannato a morte
dopo un processo-farsa durato pochi minuti.
Alla lettura
dell'incredibile sentenza una voce dal
pubblico urla indignata: " E' una vergogna!", calmissimo Brasillach
ribatte "E' un onore!".
Il 6 febbraio
1945 cadeva fucilato al Forte di Montrouge, un urlo si staglia sulla città di
Parigi in una Europa agonizzante: "Vive la France", poi una raffica,
poi il silenzio.
Costante fino
alla fine, il suo esempio di nobiltà e di coerenza rimarrà eternamente nei
cuori di chi ha creduto in un'altra Europa.
Giulio Di Fonzo
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